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Trovare la propria strada: scattare per sé stessi.

L'evoluzione di un fotografo paesaggista e non solo passa necessariamente a mio avviso dall'analisi interiore e nel proprio operato. Dopo anni di esperienza sul campo sono arrivato a una certa consapevolezza su i miei lavori, derivati soprattutto da molti errori in principio, non ultimo la frenetica ricerca di un consenso altrui, spesso spinto dalla volontà di un raggiungimento di un certo "audience" da parte di terzi. Una certa insicurezza ha mosso i miei primi passi in questo ambiente fotografico, in cui mi sono trovato spesso nella condizione di guardarmi indietro e di notare che quello che stavo facendo era più rivolto all'approvazione della "community" virtuale e dell'ambiente social (gruppi e sottogruppi vari) che al mio appagamento personale. In quegli anni ho calcato, reinterpretato e piegato un po' alcuni linguaggi stilistici che avevo visto in giro da altri autori che al tempo seguivo con interesse, il tutto cercando sempre di metterci del proprio ed evitare di incappare in scatti già visti. Il risultato era quello di un piacere passeggero ma mai profondo. Sentivo di non essere ancora allineato a quello che era il mio intento e in qualche modo di starmene seduto sulle spalle di altri per guardare più lontano.



Dettagli invernali, Parco Nazionale Foreste Casentinesi (Gen 2021)


Così ho iniziato lentamente a svegliarmi dal torpore creativo e dal mio "bozzolo" in cui mi sentivo protetto per schiudermi in un ambiente nuovo e muovere i primi passi tra i tremolii dei primi tentavi creativi da una parte e la ricerca più approfondita dall'altra che portasse verso un mio linguaggio, alieno dai precedenti pre concetti. Una ricerca fatta tra testi e autori, spesso fuori dai radar dei canali così detti "main stream" ma non solo, ho avuto modo di confrontarmi e approfondire molti aspetti sul campo e grazie al confronto con autori che ho sempre ritenuto preziosi alleati alla mia crescita, il tutto nel pieno rispetto di quello che finalmente ho pensato fosse il mio linguaggio personale.

Sono stati mesi e anni dove ho ribaltato tutto, ho gettato via quello fatto fino a quel momento, facendo però tesoro di tante esperienze sul campo e anche in fase di sviluppo; ho svuotato il mio inventario e ho preso in mano attrezzi nuovi, lasciandomi alle spalle molti utensili che non erano più consoni al mio intento, ma preziosi nella loro esperienza pregressa. Ho abbandonato tecniche costruite e pre-costruite che negli anni erano diventati un fardello alla mia fase più creativa, un peso che distoglieva il mio intento verso l'obiettivo principale: avere qualcosa da dire e comunicare con le mie foto una mia visione personale.



in attesa del tramonto, Alpi Apuane (Giu 2020)

In molti mi hanno chiesto il motivo di questa virata, mi hanno fatto anche notare la perdita di "consensi" o più semplicemente mi hanno sottolineato la difficoltà nel "crescere" un profilo social; mi hanno parlato di numeri, di algoritmi ecc... ma non mi sono mai pentito un solo giorno della scelta fatta. Sacrificare me stesso e la mia fotografia per raccogliere altro mi avrebbe portato probabilmente a troncare presto questa mia passione per come sono fatto. Per queste ragioni e per la mia personale esperienza penso sia fondamentale per un fotografo paesaggista TROVARE LA PROPRIA STRADA. Un fotografo che ricalca o ripercorre i passi di altri non solo non sta portando nulla di nuovo, ma sta mentendo in primo luogo a sé stesso. Alle continue foto viste e riviste e alle varianti quasi impercettibili di ogni scatto che vendiamo ogni giorno sui social dei luoghi più iconici si è aggiunto negli ultimi anni a mio avviso anche un appiattimento generale dell'ambiente. Quel fervore e quella freschezza che avevano portato nuova linfa alla fotografia paesaggistica negli anni del digitale si sta lentamente esaurendo e il panorama non attira quantomeno più la mia attenzione. Le poche eccezioni che si distinguono in questo substrato che si è creato ultimamente sono stati gli autori che in sordina hanno attirato la mia attenzione con lavori straordinari, progetti complessi e profondi, avulsi dalla ricerca del consenso degli altri e spesso invisibili sui principali canali social; progetti che danno subito l'idea dell'autore e di quanto egli abbia lavorato a fondo per scolpire la propria identità fotografica.

A questo piccolo gruppo ristretto si affianca tuttavia una larga compagine di fotografi il cui intento principale rimane quello del consenso spassionato, della ricerca spasmodica del like e dell'approvazione. Un meccanismo semplice e appagante sicuramente nel breve periodo ma che col tempo corrode l'anima del fotografo deviandone i lavori dalla propria volontà meramente espressiva.

Mi sono chiesto spesso cosa porti un fotografo paesaggista, che dovrebbe proporre contenuti e lavori creativi, a basare il proprio lavoro e i propri scatti su idee, progetti e fatiche altrui.

A tal proposito, nonostante non frequenti da tempo l'ambiente social con una certa assiduità, non ho potuto fare a meno di notare infatti come sempre più molti autori che da anni sono dei punti di riferimento nella community, vengano prontamente e puntualmente ricalcati e privati del loro lavoro dietro alla foto, quello che non si vede, fatto di ricerca sul campo e fatica, ma anche di intuizioni fresche in fase di elaborazione della foto; molti di questi vengono colpiti anche in ambito commerciale e professionale per riproporre contenuti da svendere al prossimo come brutta copia dell'originale a prezzo inferiore.

In questo panorama forse un po' deprimente l'effetto è stato quello di amplificare in me una certa solitudine fotografica, rinchiudendomi in una piccola e personale campana di vetro.


A questo spazio virtuale lascio pertanto i miei pensieri e le mie considerazioni del tutto personali a riguardo, restando convinto che si possano indubbiamente percorrere "strade" e "sentieri" già tracciati da altri, senza necessariamente ricalcarli passo dopo passo, vedendo le orme di altri e allineando il cammino. Per quanto mi riguarda continuerò a rifugiarmi nella mia idea di fotografia e nei luoghi a me più cari per esprimerla, tracciando una mia strada, un passo alla volta, senza preoccuparmi di dove questa, un giorno, mi condurrà.





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